Goethe, studente Erasmus antelitteram con il suo “Viaggio in Italia”

Io stimo tutti gli uomini come miei compatrioti e abbraccio un Polacco come un Francese, posponendo questo legame nazionale a quello universale e comune. Con queste parole il filosofo...

Io stimo tutti gli uomini come miei compatrioti e abbraccio un Polacco come un Francese, posponendo questo legame nazionale a quello universale e comune.

Con queste parole il filosofo francese Michel de Montaigne commentava, nei suoi Essais del 1580, quanto l’intelligenza e il gusto per le arti fossero qualità indipendenti dallo status sociale e soprattutto dalla provenienza dell’individuo.

Una lezione appresa sul campo, dopo mesi trascorsi all’estero a scoprire usi, costumi e culture di popolazioni lontane. Un sogno di unità europea ante litteram, realizzato attraverso le affascinanti rotte del Gran Tour, il lungo viaggio che poeti e giovani aristocratici compivano nelle principali capitali dell’Europa continentale per completare la propria formazione e perfezionare il proprio sapere.

Come il moderno Programma Erasmus, il Gran Tour rappresentava una sorta di rito di passaggio dalla giovinezza al mondo degli adulti. Scoprire il mondo esterno attraverso la cultura del proprio Continente, tra opere d’arte, paesaggi mozzafiato e incontri con i più grandi uomini del sapere dell’epoca. E l’Italia costituiva la meta finale per eccellenza grazie agli innumerevoli tesori custoditi nel corso dei secoli.

Da Montaigne a Stendhal, da Keats a Mary Shelley, sono tanti gli scrittori illustri che hanno deciso di intraprendere il famoso viaggio, ma un nome tra tutti ha lasciato le sue tracce nel tempo: è quello dell’illustre scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe, la cui fama è indissolubilmente legata alla celebre opera “Viaggio in Italia”.

Scritta tra il 1813 e il 1817, a distanza di quasi trent’anni, “Italianische Reise” rappresenta non una semplice raccolta di appunti di viaggio, ma la rielaborazione attenta e precisa di esperienze, sensazioni ed emozioni vissute lungo un soggiorno durato quasi due anni. E la forma scelta, quella del romanzo epistolare, fu un passo quasi obbligato per restituire a pieno le riflessioni sul senso stesso del viaggio, sulle aspettative prima della partenza e su ciò che accadde in realtà.

“Alle tre del mattino me la svignai da Karlsbad temendo che altrimenti non mi avrebbero lasciato partire. Gli amici, che il 28 agosto avevano voluto così cordialmente festeggiare il mio compleanno, si erano con ciò acquistato il diritto di trattenermi, ma io non potevo rimanere più lungamente. Portando con me soltanto un portamantello ed una valigia mi buttai, solo, in una carrozza postale e giunsi a Zwoda alle sette e mezzo in un mattino nebbioso, ma bello e calmo. Le nubi più in alto erano come strisce lanose, quelle più in basso erano dense. Mi apparvero di buon augurio: speravo di poter godere d’un piacevole autunno dopo una così cattiva stagione estiva”.

Settembre 1786. Goethe aveva appena compiuto trentasette anni, quando scelse di distaccarsi dagli impegni letterali e politici, ricoperti nel Ducato di Weimar, per intraprendere il viaggio che gli avrebbe cambiato la vita. Era ormai tempo di partire. E così, ottenuta una sorta di licenza dal Duca di Weimar, sotto il falso nome di Jean Philippe Möller, Goethe partì alla volta dell’Italia, accompagnato solo da un portamantelli e una valigetta. È l’inizio di un viaggio di rinascita e di iniziazione, alla scoperta di quella che considererà, a ritorno, sua patria ideale.

Il bisogno di conoscere l’Italia, Goethe l’aveva coltivato sin dall’infanzia, sin da quando suo padre, colto giurista, a seguito di un viaggio nel Belpaese, gli aveva consegnato ricordi indelebili, fatti di stampe romane e gondole in miniatura. Ma soprattutto aveva coltivato l’idea che fosse necessario visitare l’Italia per compiere la strada di un rigoroso percorso formativo. Terra d’ispirazione e di calore artistico, l’Italia gli apparve subito un museo a cielo aperto, dove lasciarsi incantare dal fascino dell’antico, immergendosi completamente nei luoghi e nella natura in cui quell’antico si sviluppò e scoprendo la vera natura dei popoli che quell’antico crearono.

Il viaggio si prolungò ben oltre il progetto originario: restò in Italia due anni, scoprendo il fascino delle rovine di Roma, erede di un grande Impero, visitando Napoli, un “paradiso” tra terra e mare, e facendo tappa in Sicilia, testimonianza diretta della potenza dell’architettura greca.

Ma come tutti i viaggi che si rispettino, questo viaggio di formazione assunse i contorni di una rivelazione, dove l’inatteso e il sorprendente toccarono per sempre le corde dell’anima del protagonista.

“Io parto in questo viaggio meraviglioso non per ingannare me stesso ma per imparare a conoscere me stesso”, scriveva due settimane dopo la partenza, ignorando ancora che quel viaggio lo avrebbe cambiato per sempre.

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Laureata all’IUO in Scienze Politiche – Relazioni Internazionali, ha una grande passione per i viaggi, la conoscenza di nuove culture e “way of life”, lettura di romanzi, narrative, saggi. Ama stare con i suoi amici, con la sua famiglia e soprattutto con le sue splendide figlie. Nella sezione “Skills, Training and Projects” si occupa di progettazione europea e consigli per accrescere le competenze per una scuola competitiva e innovativa.

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