Quando il futuro diviene presente: i mezzi tecnologici al servizio del viaggiare

Vivere in un mondo altamente globalizzato vuol dire avere a che fare con una serie di vincoli ed opportunità il cui confine talora è molto labile ed indefinito. A...

Vivere in un mondo altamente globalizzato vuol dire avere a che fare con una serie di vincoli ed opportunità il cui confine talora è molto labile ed indefinito. A noi è trasmesso l’onere di riuscire a sfruttare positivamente le opportunità che ci vengono offerte. Esse potenzialmente ci garantiscono l’utilizzo di strumenti e forme di potenziamento della conoscenza che un tempo, per rapidità, usufruibilità ed efficienza erano tuttalpiù immaginabili dalla mente d’un futurologo.
Come ogni ambito d’interesse dell’uomo, anche il viaggiare ha osservato dei profondi mutamenti. L’immagine del polveroso pellegrino peregrinante per mezzo mondo fino allo sfiancante logorio dei suoi stessi calzari o dei clerici vagantes percorrenti le università di tutta Europa nell’antenata del moderno Erasmus, alias peregrinatio academica, sono rappresentazioni anacronistiche di un mondo mantenutosi costante per secoli ma ormai totalmente stravolto dai benefits progressivamente derivanti da quelle che furono le rivoluzioni industriali. Lo svilupppo tecnologico ha consentito all’uomo di compiere veri e propri balzi da gigante.
Basti osservare in primis alla “mondializzazione dei trasporti”; il mondo si muove a ritmi estremamente veloci ed estremamente intensificati. Ad ogni secondo che incessanti ed inesorabili le lancette dell’orologio scandiscono nel loro quadrante, centinaia di voli si innalzano in cielo, centinaia di treni sfrecciano lungo rotaie (e che esse siano a levitazione magnetica, è ormai un fenomeno in progressivo aumento), migliaia di auto e moto imperversano su strade in tutto il mondo. Quello che più impressiona è però la velocità con la quale è ormai possibile viaggiare, e pensare a come essa sia in costante aumento. Non sarà improbabilissimo pensare, fra qualche tempo, di andare a farsi una passeggiata dall’Europa alla Cina con la stessa facilità con la quale si passa dal supermercato sotto casa. Il Marco Polo del XXI secolo potrebbe ridurre mesi e mesi di viaggio a pochissime ore, se non ancor meno. Le stesse vie di comunicazione, che un tempo si addentravano pionieristicamente in terre e lande desolate, fagocitate da foreste selvagge ed infestate da mari d’erba alta più d’un uomo adulto, ricoprono una vastissima porzione delle terre emerse, a rinsaldare e consolidare l’ideale di connesione (o per meglio dire, interconnessione), concretamente propagandato dall’asfalto quotidianamente arso e sbiadito dai mezzi che lo percorrono incessantemente. Negli stati ad un forte indice di sviluppo umano, anche i più solitari paesini, retaggio di quelli che un tempo furono microscopici villaggi arroccati su montagne polverose o sprofondati in pianure acquitrinose sono saldati da un legame di vie di comunicazione a collegarli gli uni agli altri. Osservare un’intensificazione, un’accellerazione, una concentrazione dei fenomeni di interconnessione a livello globale è un dato di fatto. Sta poi alle riforme ed ai processi politici dei singoli stati o dei fenomeni di cooperazione fra essi stessi la necessità di arginare gli effetti collaterali che ovviamente ne derivano, soprattutto in termini di sostenibilità per l’ambiente. Non si può però non ammettere che viaggiare sia divenuto molto più facile, rapido ed economico di un tempo. Questo consente di allargare concretamente la fetta di popolazione che può usufruire attivamente della possibilità di viaggiare, attuando una forma di democratizzazione che, se non consideriamo i luoghi storicamente destinati al “turismo d’elite” è particolarmente osservabile, anche solo attuando un confronto indietro nel tempo di qualche decennio.
D’altro canto, gli stessi sistemi turistici, da un punto di vista gestionale e d’offerta, si sono evoluti in modo tale da presentare un’esperienza completa al pubblico usufruente, potendo offrire la possibilità di conoscere effettivamente un luogo, anche attraverso un’accorta logistica, nella sua totalità e, soprattutto, nella sua profondità. Il vero scopo del viaggio sta forse trovando (o ritrovando) la sua vera essenza nel concetto d’esperienza, traslando la ricerca da un piano materiale ad uno immateriale.
Per conoscere meglio e più approfonditamente, la tecnologia ha plasmato vere e proprie meraviglie. Le menti dei programmatori hanno costruito applicazioni capaci di riconoscere nel brevissimo tempo di pochi secondi opere d’arte di qualsivoglia artista di qualsivoglia nazionalità: è così che diviene meravigliosamente semplice, allorquando ovviamente non sia indicato dinanzi ai propri occhi, venire a conoscenza di nome, autore e periodo di composizione d’un’opera che calza fulmineamente all’occhio. Sapere se si è dinanzi ad un Courbet o un Millet non è mai stato tanto semplice quanto nei giorni d’oggi.
La conoscenza dei nostri tempi è una conoscenza universale, ed universalmente trasmissibile: mai è stato così semplice, magari con l’utilizzo del wifi che diviene sempre maggiormente free e maggiormente rapido ed efficiente in molte città del mondo, approfondire la conoscenza di un determinato luogo, o anche semplicemente orientarvisi. Forse sembrerà deprecabile quella marginale perdita di contatto con l’umanità circostante, quel mancato “chiedere informazioni” al passante di turno, magari dovendosi adeguare al suo modello linguistico e alla sua attitudine talora imprecisa o disordinata di indicare la piazza o il monumento di turno, ma è indubbio che anche il turista che ignori la lingua autoctona e si trovi a dover raggiungere a notte fonda il suo hotel possa farlo in maniera funzionale e, perchè no, anche più sicura rispetto al passato. Sapere dove si mettono i propri piedi è sicuramente un elemento indispensabile lì dove si ignori un luogo nelle sue varie accezioni e disposizioni anche semplicemente topografiche.
Il concetto che ritengo debba maggiormente essere messo in primo piano è che è insensato demonizzare la tecnologia in sè: storicamente l’uomo ha sempre introdotto strumenti ex novo in base alle conoscenze pregresse. Il controllo del fuoco, la ruota, l’ascensore sono stati strumenti ai quali l’uomo è giunto in base al livello di sviluppo delle sue competenze tecniche e della sua tendenza all’innovazione. Ciò che può essere valutato, analizzato ed anche criticato è l’utilizzo degli strumenti che l’uomo riesce ad implementare od immettere nella sua quotidianità. Il futuro non può che orientarsi verso un costante perfezionamento dei saperi e dei risultati raggiunti da una civiltà che ha fatto del costante sviluppo la chiave per migliorare se stessa. E’ la cultura sull’uso che deve essere indotta nelle menti di chi si trovi ad adoperare con i nuovi strumenti messi a disposizione. Essi devono subire una normalizzazione ed una più precisa regolamentazione. Così facendo avremo processi umani sempre più sorprendentemente efficienti, ed un mondo dove la conoscenza diretta delle cose, in primis veicolata mediante la possibilità di vedere e conoscere integralmente luoghi in ogni parte del globo, sarà realtà comune a tutti. E’ fondamentale non dimenticare, inoltre, la spinta economica che il turismo ha propositivamente portato in tante zone del globo, trasformando poli isolati in centri guida delle dinamiche economiche di intere regioni. Lì dove la tecnologia si subordini a rendere un luogo più conoscibile e più funzionale agli interessi del turista, ed in primis di chi è turista consapevolmente, si avrà sicuramente una vittoria dell’opera di civilizzazione dell’umanità.

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Vincenzo Orsi

Laureato in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Basilicata, ed attualmente studente magistrale in Economia e Management presso la medesima università

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