Lezioni di inglese: faccio da solo? – Ep. 1

Mission English Reloaded Episodio 1

Ne avevo letti di libri sull’amore: poesie, rime baciate, stornelli, sonetti e tutto quanto fa rima con passione.
“Laurea in Sentimento, con master in Frasi opportune” era il mio titolo di studio. Eppure! Eppure al mio primo appuntamento ero rimasto muto come un pesce. Per giunta fuor d’acqua.

Ecco, con l’inglese l’esperienza è stata la stessa: sapevo tutto o quasi di false friends, genitivi sassoni (e genitori parents), art è are e thou è you; cantavo ritornelli accorati e stupivo i miei perplessi genitori con i 7 modi di pronunciare “gh” (per lo stesso motivo annoiavo amici poco inclini alle declinazioni).

Inoltre vagavo solitario come una nuvola insieme a Coleridge e sognavo una vita nei boschi alla Thoreau; mi logoravo sulle note dei new romantics e ballavo al buio per dare un significato alla parola inadeguatezza.

“Laurea in Inglese con master in canzone struggente” era il mio titolo di studio.
Eppure! Eppure durante il mio primo viaggio a Londra non sono riuscito a chiedere al mio vicino di posto di abbassare quella dannata aria condizionata e per ordinare una birra mi sono dovuto rifugiare nel mio impolverato spagnolo e nel buon cuore del cameriere.
E poi come si dice “mi servo da solo”? E se volessi un taglio all’ultima moda, come potrei evitare un tragico equivoco con Figaro e tornare a casa felice e soddisfatto?

Già…l’inglese pratico, practice your English…l’inglese di tutti i giorni…quello che serve per cambiare una ruota o girare l’angolo, sfuggire alle ansie e chiedere informazioni con l’indice e il collo allungato.

L’importanza dell’everyday English…perché il tuo soggiorno a Londra potrebbe complicarsi già all’aeroporto dove il funzionario inglese, cortese e paziente, ripeterà all’infinito la frase che farai finta di capire per rassicurare il tuo amico sulle tue capacità linguistiche; purtroppo lo farà inglese e dovrai ammettere a te stesso – e all’amico – che restare a casa durante l’ora di conversazione non è stata una grande idea.

Negli ascensori (elevator) e sulle scale mobili (escalator) dovrai decifrare gli improperi degli altri viaggiatori che con decisione ti chiederanno di farli passare.

Recitare Shakespeare e commuoversi con i racconti di Dickens non ti servirà per comunicare al cameriere che la bistecca la vuoi ben cotta e non al sangue (“rare”, se proprio insistete), informazione fondamentale se, come me, sei piuttosto impressionabile (“squeamish” per i più curiosi).

L’inglese va vissuto, respirato e studiato…sul posto.

Sudare sui libri di grammatica è un efficace esercizio di riscaldamento ma per le Olimpiadi bisogna correre o volare…possibilmente all’estero per impararlo davvero, l’inglese!

L’inglese in Inghilterra è un royal wedding con l’happy ending; un’esperienza di studio all’estero è un lasciapassare verso il mondo del lavoro, anche subito dopo il diploma.
Le tue competenze saranno super richieste e potrai diventare un professionista di successo nell’epoca della globalizzazione.

Inoltre, un corso di inglese all’estero sarà fondamentale per sopravvivere in un qualsiasi ufficio del mondo; in un open space affollato a New York o in una stanza solitaria del più piccolo borgo italiano, i tuoi colleghi ti affideranno dei task, ti convocheranno per un meeting per fare un planning, si lamenteranno per un tag e un hashtag sbagliato e valuteranno le tue skill, soft e hard.

Scriverai mail in inglese e saprai distinguere tra “kind regards” e “speak soon” e capirai che le culture, come scrive Richard Lewis, si scontrano e che “ci penserò” per un inglese equivale a “non ci penso affatto”.

Un corso di inglese all’estero è l’ideale, dunque, per trasformare la teoria in pratica, per fare di necessità virtù, spazzare via dubbi e perplessità sulle varie rules and regulations e trasformare un simple past in un radioso futuro.

Una vacanza studio in Inghilterra è il sentiero più breve per raggiungerlo, il futuro. E poi sentiero si dice “path” e suona come un patto ovvero una promessa.
E le promesse è bello mantenerle.

 

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Laureato in Lingue e Letterature Straniere, ha vissuto a Torino, Barcellona, Valencia e Londra.
Appassionato di musica, letteratura, ricordi e sguardi fragorosi, in “Do you know that” scrive di elenchi, curiosità, consigli e viaggi (veri e immaginati).

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