La voce del fiume

Storia di Giulia Mi è sempre piaciuto andare in campagna a trovare i miei nonni. Quando ero piccola, con i miei cugini organizzavo tornei, recite, quiz, costruivo casette, andavo...

Storia di Giulia

Mi è sempre piaciuto andare in campagna a trovare i miei nonni. Quando ero piccola, con i miei cugini organizzavo tornei, recite, quiz, costruivo casette, andavo a caccia di rane, girini e lucciole. La cosa che, però, mi piaceva più di tutte, era fare escursioni al fiume. Il fiume, come noi lo chiamavamo, non era altro che un torrente, un susseguirsi di pozze d’acqua animate da una debole corrente. Il letto del fiume era pietroso, fatta eccezione per alcuni tratti, e circondato da una fitta e intricata boscaglia. Non era difficile risalirlo: era solo necessario fare attenzione ai rovi, che spesso ostruivano il passaggio e andavano quindi spostati con l’utilizzo di tenaglie o bastoni, e alle pietre, scivolose e insidiose.

Un paio di anni fa, durante un’altra calda estate, decisi di tornare al torrente con i miei fratelli. I miei cugini non c’erano, ormai li vedevo raramente ed era molto tempo che non scendevo al fiume. Purtroppo, però, le cose viste con lo sguardo di un bambino appaiono sempre diverse. Quando incominciammo l’esplorazione del torrente, mi parve molto più piccolo e meno misterioso. Il percorso era ostile, i rovi si erano ormai espansi da una riva all’altra fino a formare pericolose tende verdi. Nessuno veniva lì da molto tempo e la natura aveva ripreso ciò che era suo di diritto. Andammo avanti, camminando a piedi nudi nell’acqua dove le pietre non erano abbastanza vicine e tenendoci ai rampicanti. Ad un certo punto, quando proseguire si dimostrò impossibile, scegliemmo di prendere un’altra via: quella del bosco. Risalimmo la parete del fiume e rivolgemmo lo sguardo verso quell’intrico di rami e fronde. La strada non sembrava affatto semplice, ma era l’unica alternativa possibile. Continuammo a camminare. A volte dovevamo proseguire chinati, in ginocchio o strisciare per evitare le piante. Non avevamo portato con noi le tenaglie, di conseguenza non potevamo tagliare i rovi, ma solo aggirarli. Le spine si impigliavano ai nostri abiti, ormai coperti da fitte ragnatele e terra. I rami mi si infilavano nei capelli e le pietre mi graffiavano le mani. Proseguimmo, cercando di rimanere vicini al fiume, anche se questo si rivelò quasi impossibile a causa della boscaglia. Alla fine, scoprimmo di esserci allontanati più del voluto. Intorno a noi solo arbusti e alberi intricati: nessun segno di una radura. Il tutto si era ridotto a un aggrovigliato tunnel verde e alla fine avevamo perso l’orientamento. Quella fu una delle poche volte in cui vidi mia sorella andare nel panico. Io, stranamente, mantenni la calma. Nessuno sapeva che eravamo lì, non ricordavamo la strada per tornare indietro e non potevamo arrampicarci sugli alberi o tagliare gli arbusti. Tuttavia, un torrente emette un certo rumore e lo scroscio dell’acqua che scorre è udibile anche a una certa distanza. Così proposi di ritornare al nostro punto di partenza: il fiume. Avremmo dovuto solo cercare di seguire il suo suono per uscire dal labirinto. Con i cuori che ci battevano ci avviammo. All’inizio i fatti sembrarono darmi torto: il percorso intorno a noi non cambiava e il torrente sembrava lontanissimo. Il sole aveva già percorso gran parte del cielo, i rami si facevano sempre più fitti e districarli sempre più faticoso. Ci dovemmo affidare alla speranza e continuammo a seguire la voce del fiume. La via del ritorno fu difficile, più di quella dell’andata e molto meno elettrizzante, in quanto eravamo stanchi e affaticati. Alla fine però, quando sembrava che non ce l’avremmo fatta, le piante si diradarono e comparve di fronte a noi il corso d’acqua in tutta la sua pienezza. Il sollievo di rivederlo fu immenso. La strada per tornare a casa era ancora lunga, ma adesso avevamo una guida.

Categories
NewsTelling Tales_Italiano

No Comment

Leave a Reply

*

*

RELATED BY