Il processo di “valutazione”: da strumento sterile di giudizio a sistema educativo di crescita

Spesso nel nostro vivere quotidiano siamo abituati a dar valore a tutto ciò che ci circonda, dalla stima per un’opera d’arte o per un lavoro svolto, all’attribuzione di un...

Spesso nel nostro vivere quotidiano siamo abituati a dar valore a tutto ciò che ci circonda, dalla stima per un’opera d’arte o per un lavoro svolto, all’attribuzione di un prezzo agli artefatti, al giudizio che esponiamo sugli altri e sui loro comportamenti. Tutte queste attività rappresentano l’immenso significato racchiuso nella parola valutazione. Infatti, tale costrutto di origine latina, si configura sul piano semantico come il processo volto all’attribuzione di un “valore” ad un oggetto, un evento o un’attività.

Ripercorrendo brevemente la storia della cultura occidentale è possibile rilevare come tale modalità di operare ha un’origine ancor più antica. Infatti, pensando al processo selettivo che Pitagora poneva nei confronti dei suoi seguaci, operando la distinzione tra acusmatici e matematici, o ancora alla grande distinzione che Eraclito poneva nei confronti degli svegli e dei dormienti, in riferimento alla loro capacità di percepire la realtà circostante, è possibile comprendere come tale processo era presente sin dal periodo dell’età arcaica. Ancora, in epoca moderna, particolare attenzione al processo valutativo è stata posta dal noto scienziato e filosofo Galileo Galilei, il quale fece di tale modalità conoscitiva una tappa fondamentale del suo metodo scientifico sperimentale.

In tal senso, è possibile considerare che, sin dall’antica Grecia ad oggi, il processo valutativo è sempre esistito ed è sempre stato parte integrante del processo conoscitivo dell’uomo. In particolare, nell’odierna società complessa, tale fenomeno si è modificato, affinandosi e sconfinando in tutti i campi del sapere, rappresentando un elemento facente parte dell’esistenza umana.

Ciascun individuo, lungo il proprio iter educativo e formativo, si è imbattuto in un fenomeno particolarmente importante e significativo al livello scolastico: la valutazione. Questo è da sempre considerato un elemento imprescindibile dell’educazione che, attraverso le nuove riflessioni epistemologiche e metodologiche derivanti dalla docimologia, diventa strumento prediletto per promuovere il successo scolastico di tutti gli studenti e garantendo così il principio di inclusione.

D’altronde, la valutazione, in ambito didattico, ha da sempre rivestito una funzione formativa, garantendo l’arricchimento personale e professionale attraverso l’espressione di giudizi, critiche e riflessioni. I giudizi che ognuno di noi riceve dagli altri influenzano profondamente la percezione di noi stessi, incidendo sul proprio senso di efficacia e di autostima. È importante così comprendere come la valutazione, superando quella tradizionale concezione di strumento oggettivo e sterile volto ad attribuire un giudizio all’operato dell’alunno, diventi uno strumento educativo di crescita.

In quest’ottica, docente e discente, non più figure antagoniste, devono collaborare e cooperare per creare un clima di fiducia reciproca. La valutazione, deve così supportare la realizzazione di tale rapporto formativo autentico. Tale processo pertanto, non solo favorisce la crescita emotiva e affettiva dell’alunno ma permette lo sviluppo di abilità metacognitive che permettono al discente di compiere valutazioni inerenti il proprio operato.

Quale valutazione efficace per rilevare il processo di apprendimento significativo?

 

Scarica qui il saggio completo da cui è tratto questo articolo.

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Carmelo Francesco Meduri

Psicologo calabrese, formatore MIUR presso l’USR di Potenza e quello di Reggio Calabria per le tematiche dell’inclusione scolastica. Docente a contratto, tutor e collaboratore esperto di differenti università italiane per la realizzazione dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno. Impegnato quotidianamente nell ’insegnamento di filosofia e scienze umane nelle scuole lucane.

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